Il nome e le origini
Il sito del castello di Romena, detto anche nei documenti Rumena, Ormena e Ormina, derivante, probabilmente, dall’etrusco Rumine e diventato in latino Rumenius, si inserisce nell’Alto Casentino fiesolano lungo il fiume Arno e nei pressi dell’altrettanto significativa Pieve di San Pietro di Romena, realizzata, nelle sue forme attuali, nel corso della metà del XII secolo (1152). Tutta l’area, in realtà, conserverebbe le tracce di una frequentazione storica molto più antica di quella medievale. Basandosi sui dati archeologici del Gruppo Archeologico Casentinese (GAC) infatti, sotto all’attuale Pieve di San Pietro di Romena e nei dintorni del castello, sono state rinvenute sia strutture che resti di ceramica e di altri materiali di epoca etrusca e romana.
Dall’Alto Medioevo all’XI secolo.
Le prime notizie dell’esistenza di un’istallazione fortificata nell’area nell’ambito dell’attuale zona del casserum, sarebbero da datarsi all’XI secolo quando Romena sarebbe rientrata, assieme alle sue pertinenze territoriali, nei domini della famiglia degli Hucpoldingi, Marchesi di Spoleto e Camerino (poi Alberti) chiamati anche con il nome locale di “Conti di Romena” e detentori di numerosi beni fondiari, fin dal X secolo, sia in Toscana che in Romagna. Nel 1008, infatti, sarebbe da datarsi l’esistenza di un primo apprestamento fortificato a Romena appartenente a Guido di Alberto della stirpe dei Marchesi di Spoleto e Camerino. Da questi ultimi, sempre nel corso dell’XI secolo, la proprietà del castello e del suo territorio sarebbe passata agli Alberti, una ramificazione, comunque, della stessa famiglia marchionale. Nei mesi di giugno e luglio 2003, in seguito ad una campagna di studio delle stratigrafie murarie nei pressi dell’attuale “Porta Bacia” da parte della Cattedra di Archeologia Medievale dell’Università degli Studi di Firenze, è stata identificata archeologicamente questa prima fase pre-guidinga con la presenza di una struttura fortificata nell’area sommitale del colle caratterizzata, probabilmente, da un mastio, da una cinta muraria e dall’attuale cisterna sotterranea. La presenza di quest’ultima, parallelamente al fatto che il nucleo più antico del castello sorge alla confluenza tra il Fiume Arno ad est e il “Fosso delle Pillozze” ad ovest (e, quindi, su una sorta di “penisola fluviale” naturalmente difesa su tre lati dall’acqua e dalle pareti del colle scavate molto ripidamente da quest’ultima) potrebbe addirittura aver determinato, nel corso dell’XI secolo, la nascita di Romena. Anche gli altri castelli dell’Alto Casentino fiesolano come, ad esempio, Porciano, Castelcastagnaio e Montemignaio, sono tutti caratterizzati dalle medesime condizioni territoriali. L’analisi dell’Università di Firenze, anche in seguito al lavoro di tesi in Archeologia Medievale del Dott. Iacopo Fiorini del 2012, ha confermato la presenza di quattro fasi distinte nella costruzione e nella realizzazione dell’attuale conformazione del castello tra XI e XIV secolo (periodo pre-guidingo; la fase di transizione ai conti Guidi; il periodo in cui il castello divenne sede di uno dei quattro rami in cui i conti si divisero a partire dal XIII secolo; il momento del passaggio alla Repubblica Fiorentina). Alla fine dell’XI secolo nella documentazione scritta i conti Alberti si fanno chiamare con l’appellativo di “conti di Romena” legando profondamente, evidentemente, il proprio titolo alla proprietà stessa del castello e delle sue pertinenze. Un esponente femminile di questi ultimi, Ermellina, tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo, ereditò tutti i possedimenti marchionali casentinesi portandoli in dote ai Guidi essendosi sposata con Guido IV; tra questi beni Romena («Romena cum curte sua») divenne uno dei principali centri di controllo guidingo in Casentino. I conti Guidi, potente famiglia signorile del Medioevo toscano, romagnolo ed italiano, lasciarono tracce documentarie della loro presenza in Casentino a partire dalla fine del X secolo, legandosi inizialmente ai due siti fondamentali di Strumi (992) e Porciano (1017). Dopo una prima attestazione nei territori dell’Arcivescovato di Ravenna (dalla prima metà del X secolo), tra XI e XII secolo espansero il proprio ambito politico, amministrativo ed economico a gran parte della Toscana nord-orientale, comprendendo l’Alto Casentino e arrivando a controllare un’ampia area tra le valli fluviali del Casentino e del Valdarno Superiore e i rilievi montani di collegamento tra la Toscana nord – orientale, la Romagna sud – occidentale e il Pratomagno.
Il Basso Medioevo (XII-XV secolo)
Il sito di Romena viene citato, a partire dal XII secolo, in diversi documenti tra il 1100 («curtis de Ormena»), il 1164, il 1191, il 1220 e il 1247 tra cui, fondamentali, nei privilegi imperiali degli imperatori svevi Federico I Barbarossa (1122-1190), Enrico VI (1165-1197) e Federico II (1194-1250) nei quali, alla famiglia comitale, viene attribuito il titolo di Tusciae Comes e Tusciae Comes palatini e, nel documento del 1220, i conti vengono definiti dall’imperatore Federico II come «karissimi principes». Come componenti dell’aristocrazia palatina imperiale, in questi stessi secoli i conti raggiunsero l’apice del loro potere con Guido Guerra I (1086 – 1124), Guido Guerra II e Guido Guerra III (morto attorno al 1217), promuovendo una politica di incastellamento che provocò la fortificazione e la nascita ex-novo di numerosi castelli distribuiti in tutta la vallata casentinese e nei loro vasti domini e associando a questa attività l’esercizio dei poteri legati alla giustizia, all’amministrazione e allo sfruttamento delle risorse economiche locali come quelle connesse ai fiumi e all’acqua, quali i mulini, il pedaggio e il controllo della pesca. Da Romena, i conti Guidi potevano dominare direttamente il fondovalle casentinese, la viabilità (tra cui la Via delle Pievi Battesimali) e il Fiume Arno facendo rientrare il centro all’interno di un sistema integrato di controllo dell’Alto Casentino fiesolano praticamente ininterrotto dal Monte Falterona (a settentrione) fino a Poppi (a meridione), il cui castello fu realizzato nel 1169. Testimonianza del controllo effettivo da parte dei conti Guidi del territorio nei pressi di Romena può essere il doppio caso della cosiddetta “Torre della Gabella” e dell’attuale “Podere Capanne” (probabilmente un’antica torretta di controllo trasformata in fattoria durante la dominazione fiorentina nel corso del XV secolo). Entrambe queste due strutture di controllo poste a sud e a sud/ovest del castello, infatti, dominavano le mulattiere di accesso provenienti dalla Pieve di San Pietro, posta lungo la Via delle Pievi Battesimali che, da Arezzo, terminava presso Stia e, su più ampia scala, metteva in comunicazione la Toscana settentrionale e la Romagna con il centro - Italia e Roma. Da un punto di vista archeologico questo momento di transizione, in cui il castello passò nei domini dei Guidi e che è classificato come II fase, è individuabile nelle murature e nella realizzazione della grande “Piazza d’Armi” di 66x21 m (con relativa cerchia muraria che la racchiudeva) separata dal cassero da un fossato (a secco) profondo 3 m e largo 9,50 m e nella monumentalizzazione e rifacimento della “Torre del Mastio” e della “Torre della Postierla” (inclusi nell’attuale area del cassero sulla sommità del colle). Tutti questi interventi, inoltre, sono caratterizzati dall’uso di un particolare marcatore tecnico che testimonierebbe il passaggio dell’intero castello ai Guidi e cioè l’uso del bugnato (quella lavorazione che, dopo la sbozzatura delle pietre, prevede la squadratura delle stesse che lascia quattro spigoli definiti dalla preparazione del nastrino e la superficie in rilievo non lavorata). L’intervento dei conti Guidi, quindi, prevedette una generale ristrutturazione ed ampliamento delle strutture fortificate del sito che dettero, a Romena, un marcato carattere guidingo riscontrabile, come l’uso del bugnato, in diversi altri siti ad essi attribuibili tra Casentino, Valdarno e Bassa Val di Sieve nella Toscana nord-orientale. Il principio della crisi politica dei conti Guidi si data all’inizio del 1200 quando, in seguito al matrimonio tra Guido VII (Guido Guerra III) e la buona Gualdrada (citata da Dante nella Divina Commedia nel Canto XVI dell’Inferno, versi 34-39), nacquero quattro figli che dettero vita ad altrettanti rami familiari (Bagno, Poppi e Battifolle; Porciano e Modigliana; Romena, Ragginopoli e Montegranelli; Dovadola). Romena ed il suo territorio (che si estendeva tra i pivieri di Romena e Stia e nei pressi di Pratovecchio) furono assegnati ad Aghinolfo, il figlio più piccolo di Guido VII e forte sostenitore dell’Impero e del ghibellinismo, divenendo sede di uno dei rami comitali e ponendosi tra i più importanti centri fortificati appartenenti alla famiglia. In questa fase, quindi, Romena sarebbe stata un rilevante centro politico amministrativo alla direzione di una vasta contea (curia e distretto «castrum de Romena cum eius curia et districtu») su cui, i Guidi di Romena, esercitavano la loro giurisdizione. Nel 1220 il loro territorio di pertinenza si estendeva in Casentino, in Val di Sieve e nel Valdarno Superiore, Medio ed Inferiore, tra i popoli di San Jacopo, San Cristofano, Tartiglia, San Pietro a Romena, San Paolo della Corte, Santa Maria di Castro, San Donato a Coffia, Santa Margherita di Campolombardo, San Bartolomeo a Strapetognoli, Sant’Angiolo e San Lorenzo a Borgo alla Collina e sui centri (o parti di essi) di Pratovecchio, Moggiona, Corezzo, Montemignaio, Quota, Cetona, Riosecco Borgo alla Collina, Partina, Lierna, Ragginopoli, Dovadola (in Romagna), Tredozio (in Romagna), Empoli, Montevarchi, Viesca, Mercatale, Monte di Croce (in Val di Sieve), San Leolino (in Val di Sieve), Montemurlo (nel pistoiese) e sulle ville di Montegranelli e Monsacco. Questi territori, comunque, erano detenuti spesso in compartecipazione con altri esponenti della dinastia, causando, in molti casi, tensioni e conflittualità. I rami in cui si divise la famiglia, infatti, tra XIII e XV secolo, si scontrarono spesso duramente tra di loro, dividendosi tra rivendicazioni su castelli e terre, fazioni politiche (Guelfi e Ghibellini) e faide interne. In questa fase il Comune e la Repubblica di Firenze approfittarono della progressiva debolezza politica dei conti Guidi per estendere la propria influenza e presenza a tutto il Casentino. A dimostrazione di queste divisioni, uno dei rappresentanti dei Guidi di Romena, Aghinolfo II, nel corso del 1286 venne eletto Capitano Generale della Taglia Guelfa di Toscana partecipando, con ogni probabilità, alla battaglia di Campaldino nel 1289 al fianco dei fiorentini contro Guido Novello di Poppi e Tegrimo di Porciano, scesi in campo con gli aretini in appoggio alla fazione ghibellina e imperiale. Al XIII secolo, nonostante le appena ricordate conflittualità interne alla famiglia, si datano i maggiori lavori di ampliamento e ristrutturazione del castello di Romena in cui i caratteri monumentali già parzialmente assunti nel corso del XII secolo, vennero tutti riconfermati e potenziati affiancandosi ai contemporanei cantieri di Porciano e Poppi. Nell’area del cassero, vennero effettuati rialzamenti della “Torre del Mastio” (fino ai 20 m attuali) e della “Torre della Postierla”, fu costruito il “Palatium Comitale” (sviluppato in altezza per 6,50 m e strutturato in due ambienti rettangolari di 7x8 m sovrapposti e con, al secondo piano, due grandi finestre ad arco) e rialzata la cinta del cassero (10 m attuali). Allo stesso modo, diametralmente opposta rispetto a questi ultimi, venne realizzata anche la cosiddetta “Torre delle Prigioni”. Ultimo intervento, fu la costruzione della terza cerchia fortificata alta tra gli 8 e i 10 m con le sue 11 torri perimetrali quadrangolari e con le quattro porte di accesso di cui, quelle attualmente ben conservate, sono “Porta Bacia” e “Porta Gioiosa” che permettono l’accesso al castello da nord, nei pressi del cassero. Sempre durante questa fase, a sud/sud-ovest del complesso, sarebbe sorto in modo graduale anche un borgo racchiuso nella terza cerchia di mura, trasformando, di fatto, il castello di Romena in un considerevole centro abitato fortificato sede anche dello Spedale di Santa Maria Maddalena Penitente destinato all’accoglienza dei viandanti lungo la Via delle Pievi Battesimali. All’inizio del 1300, a dimostrazione del prestigio di cui godevano ancora i conti Guidi di Romena, nonostante la progressiva debolezza politica, lo stesso Dante Alighieri, durante il suo esilio e in cerca di alleati politici e militari, avrebbe frequentato il castello, essendo anche amico e compagno politico di Alessandro di Guido I Pace, signore di Romena e capitano militare della fazione fiorentina dei Guelfi Bianchi (di cui faceva parte l’Alighieri). Romena e “Fonte Branda”, in particolar modo, sono citate nel XXX canto dell’Inferno dantesco dedicato alla vicenda del falsario Mastro Adamo di Brescia (fatto realmente avvenuto tra il 1280 e il 1281) che, per conto dei fratelli Guido, Alessandro e Aghinolfo, antenati di Alessandro di Guido I Pace contemporaneo a Dante, avrebbe qui falsificato i fiorini fiorentini. In questa fase, l’estensione territoriale della contea di Romena rimaneva comunque notevole, andandosi a localizzare tra quelle di Castelcastagnaio a nord, Battifolle a sud/ovest, Pratovecchio, Borgo alla Collina e il corso dell’Arno ad est e la Montagna Fiorentina ad ovest e prevedendo il patronato su diverse chiese sparse sul territorio (la Pieve di San Pietro a Romena, San Paolo a Ponte, Santa Maria a Castello, San Donato a Coffia, Santa Margherita a Campo Lombardo, San Bartolomeo a Strapetognoli, San Jacopo e Cristoforo a Tartiglia e Sant’Angelo e San Lorenzo a Borgo alla Collina). Nell’ottobre del 1357 (e con una ratifica definitiva nel 1359), infine, gli ultimi rappresentanti del ramo dei Conti Guidi di Romena, Piero ed Uberto, cedettero in accomandigia e in due distinti atti i propri diritti sul castello e sui loro domini alla Repubblica di Firenze, decretando, così, la fine di un’epoca. Il ramo dei conti Guidi di Romena, in seguito a queste vicende, scompare nell’oscurità (rimanendo solo i rami a questi collaterali dei Guidi di Montegranelli, Ragginopoli e Lierna) e sopravvive, per tutto il 1400, solo in qualche sporadica notizia proveniente dalla Romagna. Il sito, da questo momento in poi, seguì le vicende politiche della Repubblica di Firenze (che vi installò un proprio Ufficialato) e, successivamente, del dominio mediceo e del Granducato di Toscana fino alle soglie dell’Età Contemporanea. Durante questo periodo, tra i principali fatti va ricordato che il 26 aprile del 1440 il castello venne assediato e quindi espugnato dalle truppe dei visconti di Milano guidate dal famosissimo condottiero militare Niccolò Piccinino (1386-1444) che successivamente fu sconfitto dai fiorentini ad Anghiari, battaglia poi immortalata da Leonardo da Vinci in Palazzo Vecchio a Firenze. Da un punto di vista archeologico, le tracce della dominazione fiorentina e della sede di Ufficialato (IV Fase) andrebbero ricercate, soprattutto, in edifici esterni rispetto al circuito castrense più antico e localizzabili nelle immediate pertinenze del castello tra cui il “Podere Palazzo”, a sud-est. Altre evidenze legate a questa fase potrebbero essere i beccatelli aggettanti presenti sia presso la “Torre delle Prigioni” che sulla “Torre della Postierla”. Nonostante la creazione del Comune di Romena e la residenza in loco degli Ufficiali fiorentini che amministravano la giustizia e gli affari correnti in diverse strutture esterne al castello, quest’ultimo andrò incontro ad una progressiva rovina e le pietre vennero utilizzate dalle popolazioni locali per la realizzazione di ville, fattorie e terrazzamenti dei dintorni. Tra il 1700 e il 1800, infine, l’intera area del cassero fu adibita ad uso agricolo e colonico con la distruzione di alcune porzioni dell’originario aspetto fortificato e il riempimento del fossato che separava quest’ultimo dalla grande “Piazza d’Armi”. In seguito a due terremoti nel 1599 e nel 1729 che, sicuramente, dovettero arrecare gran danno ai ruderi castrensi, vennero definitivamente distrutti ed abbandonati lo Spedale di Santa Maria Maddalena Penitente, l’oratorio e la residenza del cappellano nel villaggio del castello. All’interno del circuito del cassero, inoltre, in epoca moderna fu fondato l’oratorio, oggi completamente scomparso, di Santa Maria Assunta (detto anche di “Santa Maria alle Torri”) profanato nel 1786 e poi abbandonato. Esternamente al castello, inoltre, a nord dell’area del cassero, venne edificata nel 1600 l’attuale Chiesa della Madonna del Pozzo la quale venne restaurata sia nel 1735 che nel 1987. Nel 1768, l’Ufficialato fiorentino su Romena terminò e il 18 ottobre dello stesso anno, in seguito ad un’asta pubblica, i palazzi un tempo pubblici nelle immediate pertinenze del castello, vennero acquistati da Antonio, Angiolo, Cesare, Giuseppe ed Ascanio Goretti de’Flamini. Solo successivamente, nel 1786, la famiglia completò l’acquisizione anche dei ruderi castrensi con Giuseppe Goretti de’Flamini e, ad oggi, è ancora proprietaria del sito e del castello. Nel 1788, infine, stando ad una fonte locale, presso il castello e le ex-strutture del governo fiorentine ad esso annesse, abitavano, tra contadini e lavoranti vari, 9 individui. Nel corso del XIX secolo, i terreni all’interno delle mura furono progressivamente destinati alla coltivazione della vite e dell’ulivo e, addossate alle murature della zona del cassero e dell’attuale “Torre della Postierla”, c’erano le case dei mezzadri. Nel 1902, inoltre, lo stesso poeta di respiro internazionale Gabriele d’Annunzio fu ospite dei conti Goretti presso il “Podere Palazzo” dove, in un secondo momento, venne raggiunto dalla sua amante e musa Eleonora Duse. Al conte Ottaviano Goretti de’Flamini, infine, nella prima metà del XX secolo, si deve il restauro di gran parte delle strutture del castello e lo stato attuale di conservazione. Il castello, riaperto definitivamente al pubblico nel 2007, è sede di manifestazioni culturali di vario tipo e continua ad affrontare i secoli grazie all’impegno e alla passione dei Conti Goretti.
Bibliografia consigliata
- Bargiacchi R., 2014, Castelli e Feudatari del Casentino, Stia.
- Canaccini F. (a cura di), 2009, La lunga storia di una stirpe comitale. I conti Guidi tra Romagna e Toscana, Atti del convegno di studi, (Modigliana-Poppi, 28-31 agosto 2003), Firenze.
- Fiorini I.,A.A. 2011-2012, L’incastellamento dei Guidi in Casentino. Il castello di Romena: letture archeologiche, Tesi di Laurea presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Firenze, relatore Prof. Guido Vannini.
- Vannini G., Molducci C., 2009, I castelli dei conti Guidi tra Romagna e Toscana: i casi di Modigliana e di Romena. Un progetto di archeologia territoriale, in F. Canaccini (a cura di), La lunga storia di una stirpe comitale. I conti Guidi tra Romagna e Toscana, pp. 177-210.